Tratta atlantica degli schiavi africani

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  1. Vidkun Quisling
     
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    L'espressione tratta atlantica si riferisce al commercio di schiavi di origine africana attraverso l'Oceano Atlantico fra il XVI e il XIX secolo. La pratica di deportare schiavi africani verso le Americhe fu un elemento fondamentale della nascita e dello sviluppo delle colonie europee prima del Sud e Centroamerica e poi anche del Nordamerica.

    Nel XVI secolo, le grandi potenze europee iniziarono a creare insediamenti nelle Americhe. Gran parte dei vantaggi economici che le colonie americane potevano garantire erano legate alla creazione di piantagioni (per esempio di canna da zucchero); soprattutto con la penetrazione portoghese in Brasile, a questo si aggiunse la prospettiva di ricavare dalle colonie risorse minerarie. In entrambi i casi si richiedeva l'uso di grandi quantità di manodopera per il lavoro pesante. Inizialmente, gli europei tentarono di far lavorare come schiavi gli indigeni americani; questa soluzione tuttavia risultò insufficiente, soprattutto a causa dell'alta mortalità delle popolazioni native dovuta a malattie importate dai conquistatori europei (come il vaiolo) e alla loro conformazione fisica non adatta a sforzi di quel genere.
    Nello stesso periodo, gli europei entrarono in contatto con la pratica nordafricana di far schiavi i prigionieri di guerra. I re locali delle regioni nella zona dei moderni Senegal e Benin spesso barattavano questi schiavi con gli europei. Gli schiavi neri erano decisamente più adatti, dal punto di vista fisico, a sopportare il lavoro forzato, perciò i portoghesi e gli spagnoli se li procurarono per mandarli nelle colonie americane, dando inizio al più grande commercio di schiavi della storia, quello attraverso l'Oceano Atlantico. La tratta degli schiavi attraverso l'Atlantico assunse rapidamente proporzioni senza precedenti, dando origine nelle Americhe a vere e proprie economie basate sullo schiavismo, dai Caraibi fino agli Stati Uniti meridionali. Complessivamente, qualcosa come 12 milioni di schiavi attraversarono l'oceano (la stima è approssimata). La BBC parla di 11 milioni. L'Enciclopedia Britannica ritiene che la migrazione forzata fino al 1867 sia quantificabile tra 7 e 10 milioni. L'Encyclopedia of the middle passage fa una stima tra 9 a 15 milioni. La maggior parte degli storici contemporanei stimano che il numero di schiavi africani trasbordati nel Nuovo Mondo sia tra 9,4 e 12 milioni); si tratta di una delle più grandi migrazioni della storia (e certamente la più grande migrazione forzata), che portò anche a notevoli squilibri tra la popolazione bianca e quella nera (nella Giamaica dell'inizio dell'800 il rapporto arrivò a 1 a 20), e la superiorità numerica causò per gli schiavisti un continuo pericolo di rivolta degli schiavi.
    Potenze europee come Portogallo, Regno Unito, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Danimarca, Svezia e il Brandeburgo, come anche mercanti provenienti dal Brasile e dal Nordamerica presero parte a questo commercio.

    Nel corso del diciottesimo secolo quando gli schiavi africani trasbordati oltre Atlantico sono stati stimati in sei milioni di individui, il Regno Unito può ritenersi responsabile di quasi due milioni e mezzo di questi.
    Il 16 giugno 1452 Papa Niccolò scrisse la bolla Dum Diversas, indirizzata al re del Portogallo Alfonso V. Riconosce al re portoghese le nuove conquiste territoriali; lo autorizza ad attaccare, conquistare e soggiogare i Saraceni, i pagani e altri nemici della fede; a catturare i loro beni e le loro terre; a ridurre gli indigeni in schiavitù perpetua e trasferire le loro terre e proprietà al re del Portogallo e ai suoi successori.
    Il numero complessivo di africani morti attribuibili direttamente alla traversata atlantica è stimato in due milioni; un bilancio più ampio degli africani morti a causa della schiavitù tra il 1500 e il 1900 fa ritenere che la cifra salga a quattro milioni.

    Il trasferimento degli schiavi attraverso l'Atlantico, dalla costa occidentale dell'Africa al Nuovo Mondo, è noto nel mondo anglosassone come Middle passage (letteralmente: tratto o passaggio intermedio). Era infatti il tratto intermedio del viaggio che le navi compivano dopo essere partite dall'Europa con prodotti commerciali (stoffe, liquori, tabacco, perline, conchiglie particolari, manufatti di metallo, armi da fuoco) che servivano come merce di scambio per l'acquisto degli schiavi da traghettare nelle Americhe, da dove le navi ripartivano cariche di materie prime, completando così quello che è chiamato il "commercio triangolare". Il viaggio degli schiavi iniziava nell'interno dell'Africa dove i commercianti o intermediari negrieri catturavano o acquistavano gli indigeni da semplici rapitori o monarchi africani (che li avevano ridotti in schiavitù per punizione o nel corso di guerre locali). Iniziava il viaggio a piedi, talvolta in canoa, verso la costa. Durante la marcia (nota come coffle dal nome dei ceppi con cui venivano legati a gruppi di 30 o 40) erano costretti a portare sulla testa oggetti come pacchi, fasci di zanne di elefante, mais, pelli o otri pieni d'acqua. Il trasferimento forzato fino alla costa poteva durare parecchi giorni o settimane. Sulla costa venivano imprigionati in fortezze o in capanne dette "barracoons" dove sostavano in attesa delle navi per la traversata per molti giorni o settimane. Trafficanti provenienti dalle Americhe e dai Caraibi caricavano la "merce umana" sulle navi.
    Si stima che il 15% degli africani morivano in mare, con un tasso di mortalità sensibilmente più alto nella stessa Africa nelle fasi di cattura e trasporto dei popoli indigeni alle navi.

    Il numero dei decessi aumentava con la lunghezza del viaggio, dal momento che l'incidenza della dissenteria e dello scorbuto aumentavano con le maggiori restrizioni in navigazione, con la quantità di cibo e acqua che diminuivano giorno dopo giorno. Oltre alle malattie fisiche, molti schiavi diventavano troppo depressi per mangiare o mantenere un'efficienza fisica e mentale per la perdita della libertà, della famiglia, della sicurezza e della loro umanità.
    Il suicidio era un evento frequente, spesso rifiutando il cibo o le medicine o gettandosi in mare o in altri modi. La frequenza di suicidi era tale che gli schiavisti usavano vari strumenti e metodi per costringere a nutrirsi il loro carico umano che veniva tenuto incatenato per quasi tutto il tempo.

    L'effetto dello schiavismo sulle società africane è un tema molto controverso. All'inizio del XIX secolo, gli abolizionisti denunciarono lo schiavismo non solo come pratica immorale e ingiusta nei confronti dei deportati, ma anche come danno insanabile nei confronti dei paesi da cui venivano prelevati gli schiavi: a tal proposito si parla anche di diaspora nera o africana.
    In seguito, quest'ultimo punto è stato talvolta messo in discussione, per lo meno rispetto all'impatto demografico del fenomeno: la percentuale di schiavi sottratti ai loro paesi, pur alto (soprattutto nel caso del commercio di schiavi attraverso l'Atlantico), è in ogni caso largamente inferiore al tasso di crescita di quelle popolazioni.
    Inoltre, come si è detto, il commercio degli schiavi avveniva quasi sistematicamente attraverso intermediari locali, e quindi comportava un afflusso di risorse e ricchezze verso l'Africa. La Guinea, per esempio, arrivò ad avere un giro d'affari (tra commercio di schiavi, di oro e di avorio) intorno ai 3 milioni e mezzo di sterline l'anno, circa un quarto di quello di grandi nazioni come il Regno Unito.

    In Europa, lo schiavismo ebbe sempre ferventi oppositori, tuttavia, questa pratica rimase legale fino al XVIII secolo (e in molti paesi anche più a lungo). La prima potenza coloniale a proclamare l'abolizione dello schiavismo e a impegnarsi attivamente per contrastare la tratta degli schiavi fu l'Inghilterra. Certamente l'Inghilterra traeva dall'abolizione della schiavitù anche un vantaggio politico, in particolare ai danni della Francia. La Royal Navy britannica venne impiegata attivamente per contrastare il commercio di schiavi attraverso l'Oceano Indiano e Atlantico. A metà del XIX secolo il traffico lungo queste rotte era stato sostanzialmente annullato; continuò invece il commercio di schiavi all'interno del continente africano, specialmente dai paesi arabi attraverso l'Etiopia. Lo schiavismo continuò in molti paesi del Nuovo Mondo (come gli Stati Uniti e Brasile).
    La lotta allo schiavismo, secondo alcuni, fu usata anche come pretesto dagli europei per la loro espansione coloniale in Africa. Alla fine del XIX secolo, tutta l'Africa era stata spartita in colonie, e praticamente tutti i regimi coloniali avevano imposto l'abolizione della schiavitù.



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    La deportazione degli schiavi africani si concentrò maggiormente nell'area caraibica e poi sudamericana e meno in quella nordamericana
     
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