Articolo su Preiti e la differenza fra Potere e Dominio

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  1. Un matto
     
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    Quando il potere diventa dominio. Quando la disperazione diventa violenza.
    Una vittima diventa carnefice
    Appena tre giorni fa, il 28 aprile, è avvenuto l’attentato davanti a Palazzo Chigi, durante la cerimonia del giuramento dei ministri.
    La dinamica è ormai nota a tutti: Luigi Preiti arriva in piazza armato di pistola con l’intenzione di fare irruzione nel palazzo del governo. Viene fermato dai due carabinieri, Giuseppe Casagrande e Francesco Negri. A questo punto l’uomo sfodera l’arma e apre il fuoco. Tre feriti: il primo carabiniere viene lesionato gravemente al collo, il secondo ferito in modo più lieve ad una gamba, infine, una donna incinta, lì per caso, viene colpita di striscio ad un braccio.
    Su quanto detto sopra i dubbi sono ormai pochi: tutto è stato ripreso in diretta.
    Gli in inquirenti stanno ormai dipanando ogni dubbio sull’avvenimento: dove è stata comprata l’arma, il movente, l’organizzazione, la situazione economica dell’attentatore etc
    Credo però che in un momento come questo, la tentata strage, meriti una riflessione ed una analisi più approfondita, che dovrebbe aiutarci a capire e a cambiare la visione proposta dai media: un disoccupato disperato, depresso, abbandonato dalla moglie, che impugna una pistola nel delirante desiderio di colpire un politico qualsiasi.
    L’ attentato del 28 aprile non lo si dovrebbe sintetizzare in quelle poche battute. Le motivazioni che hanno spinto quell’uomo ad esplodere quei colpi, hanno radici molto profonde, da cercare nei tessuti della nostra società malata, reale mandante di questa strage evitata per un soffio.
    Si vive infatti in un Paese assurdo, dove si combatte una guerra fra poveri per perseguire una rivolta effimera, capitanata da capipopolo da due soldi, che saltano grillescamente dal dalla filosofia spicciola, al dare le coordinate per bombardare Palazzo Madama, tutto ciò attraverso un populismo tanto sfrontato e, come abbiamo potuto vedere, spericolato.
    La rivoluzione non la si può fare nemmeno con tutte le stelle dell’Universo, figuriamoci guardandone solo una mezza dozzina. La rivoluzione dei grilli canterini raccoglie infatti consenso in quanto è di “tendenza”, ma la moda è per sua definizione un qualcosa di breve, di volubile, di condizionabile e di effimero oltremodo.
    Ciò che serve al Paese, e all’Europa in generale, è un rivoluzione che non passi né per le canne dei fucili né per una mezza dozzina di stelle, ma che rinnovi il concetto di Potere. Un Potere fino ad ora fine a se stesso di impronta quasi orwelliana, dedicato all’autoconservazione della classe dirigente e ai suoi privilegi. Insomma, un Dominio.
    Per cambiare è necessario ridisegnare la politica non più come facoltà di pochi, che si arroccano sui loro privilegi arrampicandosi su specchi fatti di retorica e che si circondano di servi, tirapiedi e lacchè travestiti da onorevoli, ma come servizio fatto con passione.
    Come può lo spirito di servizio penetrare negli strati politici fino a che nel paese ognuno si preoccupa di coltivare al meglio il proprio orticello e dove ci si ricorda del Paese solo quando vince la nazionale?
    E’ quindi necessario un cambiamento profondo della cultura, che non può passare né per la scuola né per qualche sparuto spot televisivo, ma attraverso associazioni di uomini e pensatori liberi, senza paraocchi o secondi fini.
    Ritornando a Preiti, per ridurre al minimo le possibilità del verificarsi di eventi come quello, è necessaria una Rivoluzione nella concezione del Potere, da esercitare non come un Dominio, ma come un Servizio.
     
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