Poemetto satirico-Le gloriose imprese di Teseo

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  1. Un matto
     
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    Proemio ( cioè invocazione alla musa e alla pietà del lettore) :

    Cantami o Diva dell’Egeide Teseo le fulgide imprese, l’effimera gloria e la morte impietosa, così come il volere del Fato decretò.
    Nelle mille furbizie, virtù e vizi del prode Re d’Atene, conducimi o Dea immortale; tu che puoi dare ispirazione ad ogni aedo e ad ogni cantore, te ne prego, sussurra qualche parola nelle mie orecchie (per il sacrificio poi ci mettiamo d’accordo N.d.A.).
    Passano le lune negli occhi degli uomini e i fiumi si prosciugano sotto i ponti, ma della tua soave voce, cara Calliope, non n’è giunto neppure l’eco.
    Dato che questa mia preghiera pare inascoltata e poiché questa mia Musa insolente avrebbe in ogni caso lasciato tutta la fatica dello scrivere, il tuo dileggio, il tuo sputo e le monetine che lancerai, pur intascandone una buona parte, a me soltanto, credo che continuerò io solo quest’opera tutt’altro che ispirata.
    Sappiate, voi che leggete, che questo non è un tentato omicidio, ma un tentato romanzo del capro sottoscritto.
    Può, un cervello ruminante come il mio, elaborare trame malefiche con lo scopo cavare gli occhi e/o la salute mentale ad un ignaro lettore? No. Dunque, se non vi ho già fatto perdere la voglia, continuate a leggere senza troppa paura per i vostri globi oculari o per la vostra mente.
    Ora, caro lettore temerario che ancora non hai chiuso questa modesta opera, a noi tre:
    me, Te e Teseo.

    Publio Cornelio Scipio Minore


    Capitolo I- Notte prima della grande prova

    Alla pallida luce della luna due corpi nudi erano distesi sulla spiaggia. Codeste scorze mortali potevano fregiarsi di appartenere a nientepopodimeno che alla principessa di Creta, Arianna, e al principe ereditario di Atene.
    Questa unione, in un altro periodo storico, sarebbe stata l’emblema della “distensione”, infatti, Atene e Creta avevano combattuto fieramente molti anni orsono. Poiché il Fato volle concedere la vittoria a quest’ultima, la prima era costretta a mandare, ogni anno, sette giovinetti e sette giovinette sull’isola come pasto al Minotauro, il figliastro mostruoso di Minosse, re della città vincitrice.
    Forse la distensione era andata ben oltre il piano politico e, giunta all’amplesso, Arianna, concluse la parte dell’amazzone vogliosa intenta a cavalcare un bel purosangue e ritornò ad essere una ragazza timorata degli dei. Tutta casa e tempio, per intenderci. Ancora ansimante si stese al fianco del suo amante.
    -Ti è piaciuto?
    Domandò Teseo
    -Ero un po’ tesa all’inizio, sai com’è … La prima volta …
    -Si, ma rispondimi: ti è piaciuto?
    Per dare più forza alla domanda, le prese il mento fra due dita e le spostò dolcemente la faccia dell’amata verso la sua.
    -Si, molto.
    -Bene. Comunque se questa è davvero la prima volta- E qui la penetrò, questa volta solo con uno sguardo indagatore- sei veramente portata: sei stata una furia!
    Lei arrossì violentemente e non rispose.
    -Se ti va- Continuò lui- Domani sera possiamo rifarlo.
    Gli occhi di lei si riempirono di lacrime; lui la abbracciò teneramente e sussurrò:
    -Amore, l’ho buttata là, così, si fa per dire … Ma se non ne hai voglia fa lo stesso.
    “Invece non fa lo stesso, per Zeus. Se non me la dai mi incazzo per davvero: non sono mica venuto a Creta per respirare l’aria buona. E smetti di piangere, santo Olimpo: hai goduto come una porca e non ti ho neanche bucata dappertutto”
    Pensò lui, dall’animo ben più impietoso di quanto lasciasse trasparire dai suoi gesti e dalle sue parole.
    Lei ancora in singhiozzi gli rispose:
    -Amore mio, domani sera tu non ci sarai più. Fra poche ore andrai dentro il labirinto come pasto per mio fratello, per quel mostro.
    -Tuo fratello è così terribile e mostruoso come si dice?
    -Anche di più. E’ alto quanto un tre uomini uno sopra l’altro. Le gambe sono umane, ma il busto e la testa, così come il cuore, sono di un toro. Le sue corna sono affilatissime e formidabilmente mortifere: le ha anche fatte ricoprire di bronzo per incutere terrore. A quanto ne so io, parla solo con grugniti e muggiti. E’ la belva più terrificante che io abbia mai visto.
    Teseo iniziò a spaventarsi, ma non lo diede a vedere e domandò con una certa spavalderia:
    - Com’è possibile che tu sia la sorella di una siffatta creatura?
    -Perché mia madre è una depravata e una pervertita: In quel periodo lo scettro e la corona di mio padre diventavano sempre più potenti, ma per ciò che sta sotto la cintola stava avvenendo il processo inverso. Così lei, non essendo più soddisfatta dal marito, pensò bene di unirsi con un toro … Un toro vero!
    -Per Atena, che scempio!
    -Ecco, vedi? Devi fuggire di qui, mio amato!
    -E come potrei fare?
    -Non lo so, ma devi farlo!
    L’offerta lo allettava assai, ma senza un piano non sarebbe uscito vivo da quella fortezza se avesse tentato di fuggire.
    L’ansia attanagliava il suo cuore. Quella di andare a Creta era stata la sua più grande stupidaggine. Infatti, non andò esattamente così come verrà raccontata da tutti gli aedi, poiché la sua “eroica” decisione di partire fu dettata da quella sgualdrina credulona che spifferò tutto.
    Ora ti spiegherò bene come andò. Un paio di notti prima della fatidica partenza per Creta, la gioventù ateniese si divideva in due grandi fazioni:
    Gli uni si chiudevano a pregare e a fare sacrifici nei templi, implorando di non essere estratti per diventare il dessert della bestia.
    Gli altri giovinetti si segregavano invece nei talami, certo non per dormire soli: “In fondo”, pensavano, “Se dobbiamo crepare sotto i denti di un toro è già stato stabilito dal Fato, quindi, tanto vale godersi quel che resta da vivere”.
    Come avrai certo intuito, la ragazza colpevole della partenza di Teseo apparteneva alla seconda categoria. Orbene ella era assai vogliosa, ma anche tesa per il fratello e per se stessa. Talmente preoccupata da non riuscire a far l’amore. Poiché le preoccupazioni la rendevano, agli occhi di Teseo, ancora più bella, mentre erano distesi a letto e lei era molto simile ad una statua di marmo, l’eroe pensò bene di farle una promessa per scioglierla:
    -Cara, ti giuro che non accadrà mai più questa orrenda strage: io, Teseo, principe ereditario di Atene giuro che domani partirò con i miei giovani compatrioti per uccidere la belva feroce e porre fino a codesto scempio, lo giuro.
    Lei, felice e contenta si sciolse e per quella notte non ci furono problemi, che sorsero però con l’avvento dell’aurora: la ragazza spifferò tutto e nel giro di poche ore il giuramento solenne del principe, passando anche per i latrati dei cani, giunse all’orecchio del re Egeo.
    Quest’ultimo era combattuto da due sentimenti: da una parte l’ammirazione per il coraggio del figlio, che già si era distinto contro alcuni briganti, e il desiderio che egli ottenesse sempre più gloria, dall’altra il timore che il primogenito non tornasse più da quella che sembrava un’ impresa disperata.
    L’istinto paterno gli urlava nelle orecchie di tenersi il figliolo stretto e di abbracciarlo ,ma lo scettro era sempre più pesante e gli impediva di fare qualsiasi cosa fuorché consegnarli una vela bianca, oltre alla nera per lutto in dotazione alla nave, con l’ordine, che sapeva di supplica, di issarla qualora fosse tornato vivo e la raccomandazione di vender cara la pelle … E la carne!
    -Padre- Disse Teseo pentitosi della bravata- Se questa mia scelta ti arreca dolore, io non partirò.
    -Figlio mio, questa tua decisione è per me ben più dolorosa di una pugnalata in cuore; tuttavia io conosco e apprezzo il tuo desiderio di gloria e mi auguro che tu riesca nell’impresa.
    Rispondeva con un sorriso tirato il buon Egeo
    -Padre, arrecarti dolore è l’ultima cosa che voglio è saperti sofferente, il mio desiderio di gloria viene dopo la tua felicità, quindi, resterò.
    -No, non pensare a me: parti.
    Quel tira e molla, davanti a tutti i dignitari della città, stava diventando ridicolo per entrambi, dunque, al calar del sole, sette fanciulli, sette fanciulle e il principe Teseo, che tentava di ostentare un atteggiamento più eroico di quello che gli sarebbe venuto naturale in quel momento, salparono alla volta di Creta.
    Da quel fatidico momento era appena passata una giornata e di lì a poche ore sarebbe stato sbattuto dentro al labirinto.
    Vista l’impossibilità della fuga, pensò a come uscire vivo da quella struttura immensa:
    -Cara, hai qualche consiglio da darmi per uccidere tuo fratello?
    -Non sono esperta nella lotta, amore mio. Tuttavia, anche se tu dovessi riuscire ad ammazzarlo, non potresti uscire da quella costruzione: mio padre fece costruire il labirinto dal grande architetto Dedalo, che edificò un palazzo pieno di svolte, vicoli ciechi e diavolerie varie. Basta imboccare una via sbagliata e sei spacciato. Qui invece ti posso aiutare.
    -E come?
    Lei sciolse dolcemente l’abbraccio e si diresse verso il punto dove aveva lasciato le sue vesti, le scostò e prese un gomitolo di lana.
    -Entrerai con questo gomitolo- Disse lei- Mano a mano che ti addentrerai nel labirinto lo srotolerai e, se vincerai lo scontro col mio fratellastro, lo riavvolgerai su se stesso, ritrovando così la strada per l’uscita. Fuori dal labirinto ci sarò io, che terrò l’altro capo del filo.
    Ora questa mia Musa impietosa, nonostante le rinnovate preghiere ed i sostanziosi sacrifici, non vuole dirmi se Teseo accettò questo dono della concupita perché credeva che gli sarebbe stato utile o per la disperazione di chi non vede appigli e si aggrappa anche al più piccolo sperone di roccia, pur di attutire la caduta.
    Indipendentemente da quelle che furono le motivazioni di Teseo, possiamo affermare con ragionevole certezza che prese il gomitolo e che gli fu molto utile in un futuro prossimo.


    Ok, Ok, Non linciatemi per favore. Si fa per rilanciare un pò l'attività in tutti i settori.
     
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