[STORIA] Sulla caduta dell'Impero Romano

I. La genesi della crisi. Professore C.G.Aquila.

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    SULLA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO


    Professore: C.G.Aquila
    Lezione: I.La genesi della crisi
    Iscritti: Marco Licinio Crasso
    Flavio Cornelio Silla
    Paolo Tullio Cassio
    Iulio Claudio Italico
    Caio Cristiano Germanico



    LA GENESI DELLA CRISI



    image



    L
    'origine della caduta dell'Impero Romano ha origini assai lontane, remote in confronto al periodo che tratteremo.
    Le nazioni, gli stati, così pure gli uomini ed ogni altra cosa, hanno un loro percorso di vita: da delle festose origini, ricordate come gli anni migliori così come negli uomini, ad un apogeo ed una, forse, inevitabile caduta.
    Tutto ciò rappresenta il decorso naturale delle umane cose, cosicché già nella massima potenza germogliano quei germi che saranno causa della caduta.
    Questi fenomeni non sono percepiti dall'uomo comune: il loro trasmutare è lento, quasi impercettibile. E la crisi si va aggravando, silenziosamente, fino a quando non ci siaccorge che è già giunta ad uno stadio gravissimo.
    E' come un cancro: un cancro che distrugge quelle forze vitali che hanno portato un popolo a fare quelle grandi imprese, distruggendo altri popoli che spesso quel male lo soffrivano da un pò di tempo.
    Torniamo dunque indietro, assai indietro: i cittadini romani, inquadrati nelle legioni, in due secoli di guerre disinterrotte sconfiggono e sottomettono ogni nemico, accumulando immense ricchezze.
    L'aristocrazia romana diventa potentissima, avidissima, desiderosa di comandare e governare: derubano nelle province, guidano vincenti i loro eserciti, sono in rivalità con i loro pari, mentre tengono a bada i loro sottoposti, i plebei.
    Ma si sa che la ricchezza porta corruzione, mentre un lungo periodo di guerre fa sì che i contadini-soldati appena tornati ai loro poderi trovino ruderi piuttosto che un focolare accogliente. Quindi: cos'é questa accresciuta potenza per loro?
    Per loro si traduce nella povertà economica e nel dovere immigrare nella capitale, che frattanto diviene sovrappopolata da questa enorme massa rumorosa dedita all'elemosina ed ai giochi, che trova sazietà ai loro crampi appoggiando l'uno o l'altro aristocratico che vuole ascendere al potere.
    La crisi di questa fascia di agricoltori provoca altre conseguenze, tutte a catena: diminuiranno i soldati romani disponibili per un esercito che ne fagocita sempre di più a pari passo all'aumentare l'estensione dell'Impero, aumenta nuovamente la povertà, mentre si diffondono schiavi e latifondo. La base della società romana si incrinano in modo irreparabile: le conseguenze saranno sentite al primo anelito di crisi, e saranno devastanti.
    Ci provano i due Gracchi a ridar vita a questi contadini-soldati, ci provano i populares, ci prova Cesare, che però già incomincia a circondarsi di provinciali: non ci riesce nessuno, vengono tutti assassinati, e quando arriva Caio Ottaviano al potere questa volta opera un pò diversamente, preferendo fare dei romani dei comandanti e governati, reggitori di questo mondo, mentre apre le porte ai provinciali più vicini.
    Tuttavia sorge una domanda: ma quando i romani non potranno stare più sui loro ponti di comando che faranno? Riusciranno a tornare i rudi contadini-soldati? No, e questo è il dramma.

    Una cosa gravissima fu indubbiamente l'estraniamento alla politica della cittadinanza: la Pax Augusta fu il primo passo verso una autocrazia, anche se era un principato moderato travestito da repubblica. Gli aristocratici romani, decimati da tante guerre, preferirono abdicare il loro ruolo politico: la cosa lì per lì fu ottima e la società romana prese respiro dopo tante guerre civili.
    Ma si sa che il potere annebbia le menti e finché chi comanda è lucido ed abile allora sì che tutto va al meglio, altrimenti la cosa deteriora in modo poco gradito.
    E Nerone ne sa qualcosa: questo Imperatore è un tipo singolare ef il primo di una serie di imperatori definibili "funesti". Agli inizi era un ottimo sovrano, ma aveva un problema: aveva visto ammazzare i suoi familiari, ed era dominato dal maestro Seneca, e va bene, e dalla madre Agrippina, e qui non ci siamo tanto (per non dire che questo delle donne romane in politica è anch'esso uno dei primi esperimenti: non per essere misogini, ma tranne qualche rarissimo caso le donne romane in politica sono state un disastro nella politica romana ed avremo modo di vederlo). Tutto ciò lo rese psicologicamente debole. I primi anni governa benissimo, poi una notte vede Roma che brucia: gsi lancia in città ad aiutare la popolazione per portare i primi soccorsi impegnandocisivi personalmente, e qui sfatiamo il mito della lira, ma già il giorno dopo quella notte terrificante aveva avuto i primi effetti su una persona mentalmente poco stabile con il risultato che incomincia ad uscire di senno. In poco tempo massacra tutto il vecchio e valido sangue dell'aristocrazia romana, privandola di elementi ottimi in un sol colpo.
    Ben presto scoppia la rivolta e lui si suicida: incomincia una lotta asprissima che vedrà trionfare Vespasiano, dopo una sollevazioni di eserciti che proclameranno quattro imperatori in un anno!
    Già un grave precedente del genere con i soldati che entrano in politica c'era stato con Caligola, assassinato dai pretoriani, e non sarà la prima volta che accadrà una cosa del genere.
    Il potere del popolo e del senato non contava quasi più e Roma si andava avvicinando sempre più a quella che Mommsen definì "un'autocrazia temperata dal diritto al regicidio".
    Si passò nel tempo dal principato al dominato ed alla fine delle antiche istituzioni repubblicane esisteranno solo qualche nome vuoto e qualche carica onoraria, mentre per il resta non si sarà dissimili da dei despoti orientali.
    C'era l'Imperatore che doveva essere considerato prima un dio e poi, dopo Costantino, sarebbe divenuto il più vicino degli uomini ad un'altro Dio, quello cristiano.
    I sudditi, e non più concittadini, gli si avvicinavano, gli baciavano le pantofole di porpora, mentre questo tipetto imbellettato era sempre più incline ai lussi, anziché alla spada.

    Torniamo dunque ad analizzare complessivamente quali sono i drammi dell'Impero:

    I. La scomparsa dei soldati-contadini, dunque il consequenziale dramma dell'esercito.
    II. La crisi economica, causata dalle lotte intestine, miste ai cambiamenti sociali e climatici.
    III. Il potere politico, che abbiamo sopra analizzato e che vedremo meglio personaggio dopo personaggio.
    IV. I barbari, che tratteremo con un capitolo tutto indorato.


    Tuttavia l'impero, pur nelle sue contraddizioni, , crebbe in modo inesorabile superando le proprie crisi grazie a uomini di grande tempra, sopratutto grandi soldati. E forse si può pensare che avrebbe superato anche la crisi fortissima del IV secolo come fece del III, come fece ancor prima Marco Aurelio.
    Ma se già i contemporanei dissero proprio di questo ultimo che alla sua morte si era passati da un impero d'oro ad uno di ferro arrugginito forse bisognerebbe pensare che le crisi furono superate sempre parzialmente e con sempre meno risorse.
    L'estensione dell'impero romano era tale da aver provocato l'arteriosclerosi di tutta la sua struttura: pochi uomini bastavano ad annientare in pochi mesi ciò che altri avevano costruito in molti anni. Questo è il vizietto dell'autocrazia, e non è poco.
    Quando il conquistatore si ferma perde la sua forza. E così la persero i Romani, che divennero un popolo parassita dell'impero che si erano conquistati.
    Una volta che non conquistarono più, le forze economiche più lucrose, ossia la rapina e la conquista, diminuirono e scomparirono, così come diminuirono e scomparirono gli schiavi, causando la rovina di molti latifondi, ma anche di industrie manifatturiere.
    D'altra parte di lavoratori romani, o italici, rimasti ce ne erano pochi nella penisola italica e quindi quest'ultima perse la sua centralità economica che si spostò nella periferia, concentrandosi in Oriente e nelle mani dei Siriani.
    In Occidente, più povero e meno popolato, col tempo si sviluppò in Gallia: ma alle prime invasioni vennero distrutte in gran parte e la crisi divenne endemica.
    Diminuì così la produzione sia agricola che manifatturiera e ciò provocò altro impoverimento ed altra carestia. Con la suddivisione tra Occidente ed Oriente, il primo divenne sempre più debole, mentre il secondo rimase saldo, e la città di Costantinopoli fu il pugno allo stomaco per l'altra città, Roma.
    Alla fine pur di avere lavoratori e soldati si fecero entrare i barbari, che si innamorarono del nostro impero, dopo anni di esserne stati alla porta con le buone o le cattive maniere.
    Si aprì così una prima falla, che li portò ben presto a scalare la vetta della società romana, sopratutto militare, giacché i romani di combatter erano stanchi e preferivano fare i sacerdoti o i commercianti.
    E quando sarebbero giunti gli unni, questi omuncoli venuti dalla mongolia avrebbero preso la società romana durante questa fase delicata con effetti che saranno disastrosi.

    Edited by Caio Giulio Aquila - 20/3/2008, 10:58
     
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    Ai signori iscritti;

    Ho dato dunque il tempo necessario ad una lettura approfondita. Ora innestiamo una prima discussione.

    Chi vuole cimentarsi in una piccola analisi personale, commentando pari passo il testo mio?
     
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  3. Flavio Cornelio Silla
     
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    CITAZIONE
    L'origine della caduta dell'Impero Romano ha origini assai lontane, remote in confronto al periodo che tratteremo.
    Le nazioni, gli stati, così pure gli uomini ed ogni altra cosa, hanno un loro percorso di vita: da delle festose origini, ricordate come gli anni migliori così come negli uomini, ad un apogeo ed una, forse, inevitabile caduta.

    Completamente d'accordo. Gli stati sono sono come un organismo che nel momento in cui le sue cellule (abitanti) e i suoi organi (istituzioni, valori ecc..) invecchiano, iniziano a funzionare male e muoiono, si deperisce e muore egli stesso. Ovviamente non sto dicendo che invecchiando i cittadini invecchia lo stato (in realtà questo è abbastanza vero giacchè una nazione di vecchi non può essere molto dinamica); dico che nei cittadini può deperirsi quello spirito e quella dinamicità che li ha resi grandi e orgogliosi cittadini di uno stato, a seguito anche, anzi soprattuto, di condizioni economiche e sociali mutate, derivanti esse stesse dall'ingrandimento dell'Impero. E' come se un organismo diventasse troppo grosso per procurarsi il cibo sufficiente a sfamarsi o se un palazzo fosse troppo alto per sostenersi; finirebbe inevitabilmente per crollare. Come ha detto lei, professor Aquila, nella grandezza dell'Impero c'era già implicito il germe della rovina.

    Per ora non ho tempo di scrivere di più, comunque sono sostanzialmente d'accordo sui motivi generali della crisi, di natura socio-economica soprattutto, me devo rimandare a stasera o domani un commento più approfondito.

     
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  4. Paolo Tullio Cassium
     
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    D'accordo con le vostre parole, ovviamente la voglia di grandezza, di espansione, voleva essere seguito anche da un certo sentimento di eternità, di prolungare nel tempo, quella grande potenza che era diventato l'Impero Romano, che fino ad allora credo potesse essere considerato un simbolo di organizzazione per le antiche civiltà.

    CITAZIONE
    Le nazioni, gli stati, così pure gli uomini ed ogni altra cosa, hanno un loro percorso di vita: da delle festose origini, ricordate come gli anni migliori così come negli uomini, ad un apogeo ed una, forse, inevitabile caduta.

    Probabilmente era la fine di un ciclo, come hai giustamente detto, nulla dira in eterno, nasce, cresce e si sviluppa al amssimo delle sue possibilità, e va incontro ad un inesorabile destino.

    CITAZIONE
    Ci provano i due Gracchi a ridar vita a questi contadini-soldati, ci provano i populares, ci prova Cesare,

    Per quanto riguarda la tua analisi, ormai il problema in sè, quindi principalmente lo strapotere dell'aristocrazia, che non permetteva lo sviluppo o anche la partecipazione di qualsiasi individuo alla vita sociale di Roma, a meno che non appartenesse a quella specifica classe sociale, e anche in quel caso, i dissidi erano notevoli, e danneggiavano sempre nel profondo tutto un intero impero. Tutto ciò era diventato troppo grande, infatti nessuno è riuscito a risolvere i problemi venuti fuori, nemmeno grandi uomini, come hai giustamente sottolineato, come Cesare.
     
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  5. Patrizio Cornelio Silla
     
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    CONCORDO, ma sembra che ti sia sfuggita l'avidità e la barbarizzazione dell'esercito romano.. il quale richiede sempre più potere..
     
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    CITAZIONE (Patrizio Cornelio Silla @ 23/2/2009, 20:49)
    CONCORDO, ma sembra che ti sia sfuggita l'avidità e la barbarizzazione dell'esercito romano.. il quale richiede sempre più potere..

    Ci sono più articoli.

    Sull'esercito tardo-antico:
    https://respublicaspqr.forumcommunity.net/?t=19700365

    Sui barbari:
    https://respublicaspqr.forumcommunity.net/?t=15996755
     
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  7. Patrizio Cornelio Silla
     
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    Grazie, scusami
    non lo avevo visto..
     
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  8. Caio Duilio Simone
     
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    Io direi di riprendere questa interessante discussione...

    A mio parere quello che ha distrutto l'impero, che lo ha divorato è stata la forte corruzione.
    Che già portava in se il germe della caduta?
    sono un po scettico a riguardo... perchè allora possiamo dire che un'avvisaglia c'è stata pure dopo la II Guerra Punica quando Catone il Censore portò a giudizioCornelio Scipione l'Africano e questi per tutta risposta d'innanzi al senato stracciò le prove che lo accusavano. Per la prima volta una vittoria sul campo lasciava passare un pericoloso reato, oltrepassava la giustizia tanta cara a Catone quanto ai romani. Ma questo è accaduto nel 240Ac circa Roma si apprestava a divenire una potenza mondiale.

    Io questo non li definirei "cancro", ma piuttosto evoluzione e cambiamento, se Roma è divenuta grande in parte è grazie a questi avvenimenti.

    Evoluzione è stato il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica e infine all'Impero.

    L'Italia con l'allagarsi dell'impero ha perso importanza, non sfornava più grandi personalità e dopo Nerva tutti gli imperatori non furono più di origine italiche.

    Ma questo può essere visto anche come un pregio, la tolleranza e la forggiatura di un impero universale che accettava tutti. Grandi imperatori furono "stranieri"(espressione molto ambigua, per il tema trattato), basti pensare a Traiano o Marco Aurelio o Costantino ecc ecc
     
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    Il fattore corruzione non è plausibile come cagione principale: essa già era forte in età fine repubblicana...
     
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  10. Caio Duilio Simone
     
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    Si ma questa venina minimizzata e mascherata da altre cose che hai elencato tu, come le conquiste. Ma finito questo la corruzione è divampata, guardie pretoriane, esercito, tribunali e soprattutto ha massacrato i contadini e l'agrucoltura in generale per colpa di amministratori che guardavano solo ai propri profitti. In Età Repubblicana non era la maggioranza è la maggior parte di questi mal governati venivano fermati, un esempio per tutti Verre.

    Inoltre vorrei proporre un interessante quesito, secondo voi Roma è crollata (o ha sofferto) perchè non ci sono stati più uomini CAPACI? (come Cesare, Mario, Ottaviano, Traiano ecc)

    Io vi dico già la mia opinione NO, le motivazioni diq uesta risposta dopo le vostre...
     
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  11. Jacopo Vibio Frentano
     
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    Credo che l'impatto delle personalità non sia mai così decisivo. Uomini migliori avrebbero potuto attutire la caduta, ma evitarla... non so.
     
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    CITAZIONE (Caio Duilio Simone @ 7/10/2010, 20:05)
    Si ma questa venina minimizzata e mascherata da altre cose che hai elencato tu, come le conquiste. Ma finito questo la corruzione è divampata, guardie pretoriane, esercito, tribunali e soprattutto ha massacrato i contadini e l'agrucoltura in generale per colpa di amministratori che guardavano solo ai propri profitti. In Età Repubblicana non era la maggioranza è la maggior parte di questi mal governati venivano fermati, un esempio per tutti Verre.

    Inoltre vorrei proporre un interessante quesito, secondo voi Roma è crollata (o ha sofferto) perchè non ci sono stati più uomini CAPACI? (come Cesare, Mario, Ottaviano, Traiano ecc)

    Io vi dico già la mia opinione NO, le motivazioni diq uesta risposta dopo le vostre...

    Sinceramente parlando, se penso che era prassi comprarsi l'elettorale con debiti e con strozinaggi paurosi, non riesco ad essere d'accordo. Se penso che Cesare per divenire Pontefice Massimo dovette comprare un tribuno della plebe e una decina di tribù. Il mercato del voto era esoso prima, e lucroso poi quando riprendevano in grossi soldoni depredando le provincie.

    Il problema è un altro: che in età repubblicana siamo in piena avanzata e conquista, le risorse sono inesauribili, le minaccia relativamente inferiori di una decina di volte, le spese pure, l'esercito è romano e i posti da depredare a portata di mano.
     
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  13. Amulio Atilio Caraceno
     
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    Mah, credo che fosse un sistema destinato al collasso, che si fondava su una espansione continua che non era più possibile, su uno sfruttamento delle risorse che lasciava poco spazio all'innovazione.

    Comunque dubito che uno o più uomini capaci avrebbero potuto evitare l'inevitabile.
     
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    CITAZIONE (Amulio Atilio Caraceno @ 8/10/2010, 12:50)
    Mah, credo che fosse un sistema destinato al collasso, che si fondava su una espansione continua che non era più possibile, su uno sfruttamento delle risorse che lasciava poco spazio all'innovazione.

    Comunque dubito che uno o più uomini capaci avrebbero potuto evitare l'inevitabile.

    hai visto mai questo corso di lezioni? è vecchissimo. :)
     
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  15. Amulio Atilio Caraceno
     
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    No, considerando che sono entrato in attività da veramente poco :P
     
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19 replies since 20/3/2008, 10:39   946 views
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