La crisi del capitalismo

possibili vie d'uscita

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  1. Jacopo Vibio Frentano
     
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    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 02:30) 
    CITAZIONE
    In precedenza ho parlato del sistema sovietico come politicamente immorale ma economicamente morale. Intendevo proprio questo: la primavera di praga etc. sono nell'ambito politico, non in quello economico.
    Ovviamente non parlo di welfare nell'urss staliniana: come daltronde non posso parlare di welfare capitalista parlando dell'inghilterra di dickens (e fra le due quella più morale era quella staliniana).
    Nell'urss brezneviana esisteva un tenore di vita basso ba sostenibile per tutti, senza disoccupazione e senza lo sfruttamento grottesco che esiste oggi. Ovviamente era un sistema insostenibile, e nemmeno auspicabile in confronto al tenore di vita di qualche anno fa (ormai un decennio o più) in occidente.
    Ma è migliore del sistema neoliberista del lavoratore=creta da plasmare e poi buttare via?
    senza dubbio.
    E parlo dell'urss non additandola come esempio (sarebbe un controsenso, dato che è crollata), ma come dimostrazione della possibilità di impedire alle iene che lucrano sul sangue dei lavoratori di fare il loro comodo.

    Tutta questa risposta non ha un gran senso dato che l'Urss alla fine è crollata e non solo per il suo apparato chiuso e rigido politicamente, ma anche per le sue inefficienze economiche. Efficienze che erano state apparentemente celate durante l'epocaChruscev( in cui comunque si era verificata un lieve miglioramento delle condizioni di vite della popolazione) ma che poi erano riaffiorate durante il periodo Breznev e definitavamente erano esplose negli anni 80( a causa delle ripresa della corsa agli armamenti inagurata dall'amministrazione Regan). In pratica al momento dell'arrivo si è mostrato come il modello economico- politico occidentale, nonostante tutti i suoi difetti e le sue assolute imperfezioni, fosse comunque cento/ mille volte superiore a quello sovietico, frutto di un'utopia sulla carta meravigliosa ma che era totalmente diversa da quanto era avvenuto nella realtà.
    Quindi ti dò ragione quando affermi che gli imprenditori, anzi i grandi imprenditori/ multinazionali( perchè spesso nelle piccole imprese gli imprenditori sono i primi che hanno un rapporto di amicizia con i lavoratori e gli ultimi a voler fare piazza pulita di quest'ultimi) lucrano e si arricchiscono ai danni dei più poveri... ma non è certo l'Unione Sovietica che deve essere citata come esempio. E' vero che in quel contesto accadeva il contrario, ma alla fine lo stato, da monopolista qual'era, aveva finito per schiacchiare tutti... consumatori compresi. Come al solito la soluzione migliore non è nè ad un estremo nè all'altro.

    sulle ragioni del crollo dell'urss ci sarebbe molto da discutere (ad esempio io non credo che senza la guerra fredda sarebbe crollata; ma questo è ozioso: una guerra fredda era fisiologica).
    Per il resto, il lieve miglioramento delle condizioni di vita è una bugia. Il miglioramento ci fu e fu sostanzioso. Nell'urss brezneviana i cittadini vivevano meglio che in vaste parti degli usa o in certe parti depresse dell'europa. Sopratutto, corrispondeva ad una generalmente bassa quantità di ricchezza individuale una uguaglianza di questa, in maniera tale che gli estremi ne venissero temperati. Non esisteva la possibilità di perdere il lavoro, o di venire sfruttati per un anno e poi cacciati perchè non c'era il contratto a tempo indeterminato.
    Indubbiamente l'economia era inefficiente. è per questo che dico che non possiamo additarla come esempio.
    Ma di sicuro gli elementi positivi c'erano: primo fra tutti la sparizione della ridicola situazione da alcuni data per umanamente inevitabile del ricchissimo e del poverissimo.

    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 02:30) 
    L'idea originaria del materialismo storico di Marx era che la società umana passasse attraverso un certo numero di fasi( modi di produzione), ciascuna delle quali caratterizzata da proprie condizioni tecnologiche di produzione( mezzi di produzione) e da un sistema diverso di rapporti tra i vari attori o classi del processo produttivo( struttura di classe). Ciascuno modo di produzione sviluppava un sistema di classi dicotomico tra coloro che possedevano i mezzi di produzioni e coloro che invece erano sottoposti a lavorare per i proprietari( quindi rapporto conflittuale) Ed ecco che per Marx, ossia per la teoria comunista originaria, e non modificata ad hoc dai vari Lenin, Stalin e compagnia bella) lo Stato altro non era che uno strumento nelle mani deli capitalisti, allo scopo di mantenere il sistema ed aumentare i profitti a spese della classe operaia. Mi sembra che si tratta di una teoria non veritiera( in quanto olistica e storicista) che non riesce a spiegare:
    1) perchè a volte c'è l'adozione di politiche a cui si oppongono i detentori del capitale
    2) e soprattutto la profondissima semplicità nello scontro tra classe operaia e capitalisti... credo che attualmente la società sia molto più complessa di quella dell'ottocento.
    Quindi se parzialmente è vero che la struttura determina la sovrastruttura, è anche vero che questa non è una legge universale che ci può permette di spiegare tutte le politiche e ogni decisione del passato, presente e futuro. L'ideologia, l'influenza di scelte precedenti, le convinzioni personali, le preferenze e così via... beh anche queste condizionano l'azione degli individui.

    Questa definizione è giusta, anche se va detto che il concetto fondamentale è che la realtà determina le idee e non le idee la realtà (e questo è un tesoro che marx ci ha dato, e che non è ancora stato superato nella storia o nella filosofia... semplicemente perchè è vero).
    Per il resto certo l'interpretazione di marx è troppo schematica, e l'idea che lo stato sia soltanto la maschera della classe dominante è parzialmente sbagliata. Non nell'italia di oggi, però, dove la classe dominante (politici alleati con imprenditori) fanno esattamente quello che vogliono.

    Naturalmente oggi non si deve parlare di classe operaia e capitalisti. Si deve casomai parlare di chi detiene la capacità di dare lavoro e di chi non può fare altro che lavorare; e di chi ha capitali e di chi non ne ha. Bada bene che non parlo degli immigrati, che per quanto mi riguarda sono solo elementi estranei dal contratto sociale che fanno il gioco degli imprenditori introducendo manodopera a basso costo per abbassare i diritti dei lavoratori italiani.
    Non credo si possa negare che oggi ci sono due parti in causa, e che la parte che sta vincendo sono gli imprenditori.

    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 02:30) 
    Poi sostengo che lo Stato sociale si è in parte incrinato perchè comunque resiste in molti Paesi, come in Europa del Nord... e perchè nonostante attualmente le politiche economiche sono più tendenti alla riduzione dalla spesa pubblica per mantenere i conti apposto e ad un mantenimento di un livello di inflazione stabile( intorno al 2%), comunque ci sono ampi sistemi di previdenza sociale e di assistenza. Non bastano certo, soprattutto se il gap ricco/ povero si sta ampliando... tuttavia dire che siamo tornati all'800 mi sembra eccessivo. Il problema oggi è trovare nuove ricette per tornare a politiche di sostentamento e di spesa, senza provocare il colasso dei propri conti... e l'unico modo, secondo me, è un'adeguata redistribuzioni dei costi/benefici: ossia togliendo a chi ha di più( in termini di tassazione progressiva, attraverso una riduzione dei costi della politica e della pubblica amministrazione). Io non credo che i sistemi economico- politici del Nord Europa siano molto diversi rispetto ai nostri o propongono politiche eccessivamente estremiste... semplicemente riescono a evitare gli sprechi ed attuano delle politiche corrette, soppesando sempre i costi ai benefici. Tu sostieni che l'equità è meglio dell'efficienza... in realtà per ottenere l'equità c'è bisogno della miglior efficienza( semplicemente una giusta redistribuzione è fondamentale per una giusta efficienza).
    Proprio dopo aver detto tutto questo, capisci il perchè io non sono d'accordo sul livellare ad esempio gli alti stipendi. Una politica di questo tipo secondo me è illiberale: tutt'altro non tocchi direttamente i loro stipendi, ma magari inserisci una tassazione progressiva che quindi è a vantaggio dei più poveri; oppure riduci i costi della politica( e magari con quei ricavi ottenuti aumenti gli stipendi per i disagiati o migliori i servizi pubblici. Così via...
    Certamente lo Stato deve avere la forza di prendere scelte che siano "imposte"... perchè è difficile che i più ricchi saranno d'accordo nel vedersi aumentare le tasse. D'altra però un conto sono queste politiche, un conto sono quelle che vanno ad estirpare il giusto guadagno di un lavoratore. Un lavoratore di alta specializzazione è corretto che guadagni più di un semplice operaio o di un lavavetri, perchè si presume che il primo abbia deciso di intraprendere un percorso diverso di studi, magari più difficile ma che l'avrebbe portato più lontano. Se io oggi studio all'università è perchè domani punto( o almeno spero) ad un lavoro che sia più stimolante e maggiormente retribuito di quelli "di routine". Ecco se questo è vero allora lo Stato non può privarmi in maniera coercitiva della possibilità di guadagnare sempre di più.

    Il concetto fondamentale è: lo stato può privarti in maniera coercitiva della possiblità di guadagnare sempre di più se questo significa che tu guadagnerai cifre enormi mentre altri non guadagnano che appena per la propria soglia di sussistenza.

    Per il resto: in nord europa il welfare resiste, altrove no (forse sono in giappone, che comunque è un paese malato per tanti altri motivi).
    Non siamo tornati a dickens, ma ci stiamo avvicinando. è in corso una battaglia, dagli anni 80, per distruggere tutto quello che si è fatto dal new deal in poi, ed è una battaglia che stanno vincendo loro.

    L'efficienza è legata all'equità? bisogna vedere cosa intendi per efficienza. Per gli imprenditori la massima efficienza è quella che vede loro sfruttare manodopera a basso costo per i tempi ed i modi che ritengono opportuni, per poi gettarla via, massimizzando i propri profitti. Il cile di pinochet, sotto questo aspetto, in quanto ipercapitalista era efficentissimo. L'equità? non ne vedo molta, sinceramente.
    Il problema è che quando si tenta di toccare i privilegi si parlerà sempre di attacco all'efficienza e si tirerà in ballo l'urss, che non centra niente.
    Non si può far retribuire il lavavetri quanto chi ha studiato per vent'anni. è questo un discorso delicato, col quale comunque diciamo che concordo.
    Il punto è: è possibile, umanamente accettabile, che un manager guadagni tremila volte di più di un operaio, anche specializzato?
    Non sarebbe giusto impedire a chi guadagna un milione di euro l'anno di accumulare più soldi di quanti mai ne potrà usare in vita sua (senza peraltro restituire un cazzo alla società: marchionne che ci da? ricatti e sfruttamento).

    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 02:30) 
    Sul pensiero di lotta di classe ho già espresso il mio parere... idem sul fatto che qualcuno di migliore formazione guadagni di più di chi ha seguito altre strade. Ovviamente lo Stato deve, ripeto, schierarsi con le sue politiche sociali a vantaggio dei secondi dal punto. Detto questo la buona volontà è intesa nel senso che le politiche dello Stato devono essere comunque indirette e non necessariamente di stampo coercitivo. Dipende dalla situazione: a volte il mercato funziona meglio rispetto ad un erogazione diretta dei beni e servizi da parte dello Stato; altre volte strumenti volontari, come ad esempio le organizzazioni di volontariato, sono più efficienti nel risolvere un problema dell'intervento diretto del potere centrale. Pensa ad esempio ai disastri naturali...
    Secondo me chi fa politica deve essere flessibile nelle scelte, deve sempre soppesare costi a benefici e valutare ogni sua scelta, se è possibile, provando ad analizzare le possibili conseguenze. Il fine deve essere sempre quello di aiutare chi è in difficoltà, di schierarsi al suo fianco nelle contrattazioni e nelle politiche pubbliche.... gli strumenti però possono essere diversi: coercitivi( come la regolazione o l'erogazione diretta), volontari( tipo l'utilizzo delle regole del mercato) o anche misti( tipo l'esortazione, l'asta dei diritti di proprietà o magari sussidi e tariffe d'uso). Flessibilità, ecco il segreto di un buon politico... soprattutto se si dichiara di sinistra e a vantaggio dei più deboli.

    Insomma per te lo stato deve fare quello che ha fatto finora: quando il vento è buono e c'è crescita dirottare parte di questa verso i lavoratori, quando c'è crisi non imporre all'imprenditoria di non riprendersi anche le briciole che lasciava.
    Il fatto è che tu accetti tranquillamente la logica del: aiutiamoli nella maniera più indiretta possibile quando sono in difficoltà. Io invece preferisco quella di impedire che ci sia gente in difficoltà (come è nel nord europa).
    Il volontariato è una elemosina, il problema è che se tu lasci la capacità di dirigere lo sviluppo del mercato del lavoro ad una sola delle parti (per me dovrebbe essere una sola delle parti: quella dei lavoratori) è chiaro che questa si farà solo i propri comodi, ed anche se tu, poi, quando i lavoratori fanno la fame, mandi le crocerossine a distribuire panini, il problema di fondo non cambia, e tu avrai sempre più lavoratori che fanno la fame e sempre meno panini da distribuire, perchè gli imprenditori sono degli psicotici suicidi: la loro smania di accumulazione sta portando il mondo e loro stessi nel baratro (vedi bolle speculative).

    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 02:30) 
    Moralmente sarà anche inappropriato ma lo Stato, per me, non ha il diritti di imporre la sua volontà e ridurre le libertà. Chi guadagna di più, se guadagna lealmente e rispettando la legge, deve poter guadagnare di più. Se io mi chiamo Bill Gates e ho fondato la WIndow Microsoft, ho il diritto di guadagnare di più perchè il prodotto del mio lavoro porta comunque molti più benefici di quello che è il costo del mio guadagno. Stessa cosa per il fondatore di Facebook. Quindi sull'imporre salari massimi no... si invece per i salari minimi. Ma tutto questo rientra sempre nelle politiche sociali e assistenziale che uno Stato deve attuare per i più bisognosi: dalla tassazione, agli incentivi ad esempio per i giovani che vogliono andare all'università fino, perchè no, ai salari minimi.
    Ripeto, concludendo, che i Paesi del Nord Europa hanno un sistema economico migliore proprio perchè hanno attuato una ricetta che permette ai più ricchi comunque di poter mantenere i loro profitti( che comunque sono più controllati e parzialmente ridotti con strumenti d'intervento dello Stato) e ai più poveri di poter arrivare a fine mese o per lo meno di poter contare su una serie di servizi pubblici efficienti. Il tutto senza ridurre le libertà dei singoli e senza azioni di imposizione eccessiva.

    Penso di essermi spiegato bene... io credo che abbiamo una posizione molto simile: tutti e due stimiamo il modello nord- europa, solo che tu( almeno per me) nè dai un interpretazione eccessiva, con politiche coercitive che non solo puntano ad essere a vantaggio dei più poveri( e sono d'accordo), ma che anche finiscono addirittura per ridurre la libertà dei ricchi di guadagnare in nome di un principio di equità che in questi stessi Paesi non è così estremizzato. Cioè per me tu cerchi quasi di fare una sintesi tra il modello dello stato sociale( che in fin dei conti è quello che io condivido) e quello sovietico( che per me è errato perchè tenta, non riuscendoci, di togliere ai ricchi per dare ai poveri... finendo alla fine per togliere ad entrambi libertà e possibilità di guadagno). Io invece sono per un modello "Stato sociale" puro: che non violi le libertà di tutti, ricchi e poveri, ma che si schieri, attraverso politiche redistributive, a vantaggio dei più bisognosi.

    Il mio discorso è questo, e concludo anche io, usando le categorie di John Locke, padre del liberalismo (e non del liberismo).

    Se un manager, in una situazione si scarsità (e questa è per definizione la situazione umana) si prende una tale quantità di mele da ridurre le mele disponibili per la sopravvivenza o la vita dignitosa altrui, allora è lui che toglie la libertà agli altri, e non gli altri che gli portano via il suo scandaloso eccesso di mele.
    Per il resto siamo daccordo, abbastanza.
     
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  2. ~Jegan
     
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    sulle ragioni del crollo dell'urss ci sarebbe molto da discutere (ad esempio io non credo che senza la guerra fredda sarebbe crollata; ma questo è ozioso: una guerra fredda era fisiologica).
    Per il resto, il lieve miglioramento delle condizioni di vita è una bugia. Il miglioramento ci fu e fu sostanzioso. Nell'urss brezneviana i cittadini vivevano meglio che in vaste parti degli usa o in certe parti depresse dell'europa. Sopratutto, corrispondeva ad una generalmente bassa quantità di ricchezza individuale una uguaglianza di questa, in maniera tale che gli estremi ne venissero temperati. Non esisteva la possibilità di perdere il lavoro, o di venire sfruttati per un anno e poi cacciati perchè non c'era il contratto a tempo indeterminato.
    Indubbiamente l'economia era inefficiente. è per questo che dico che non possiamo additarla come esempio.
    Ma di sicuro gli elementi positivi c'erano: primo fra tutti la sparizione della ridicola situazione da alcuni data per umanamente inevitabile del ricchissimo e del poverissimo

    ma queste sono solo congetture e supposizioni... affinchè io possa credere che le periodo di Breznev si vivesse bene, mi devi trovare i dati reali. Quello che ti posso dire è che se il dato politico, legato alle libertà e alla volontà di democrazia, rappresenta sicuramente la causa fondamentale del crollo dell'Unione Sovietica e dell'intero blocco di Varsavia, dall'altro il motivo economico non è da meno. Ad esempio nella Repubblica Democratica Tedesca il Pil pro-capite era decisamente inferiore a quello della parte occidentale della Germania. Le continue migrazioni da est ad ovest, parzialmente bloccate con la costruzione del muro, sono il più chiaro segnale di un malcontento generale della popolazione( la cui causa, ripeto, non è solamente di natura politica).

    CITAZIONE
    Questa definizione è giusta, anche se va detto che il concetto fondamentale è che la realtà determina le idee e non le idee la realtà (e questo è un tesoro che marx ci ha dato, e che non è ancora stato superato nella storia o nella filosofia... semplicemente perchè è vero).
    Per il resto certo l'interpretazione di marx è troppo schematica, e l'idea che lo stato sia soltanto la maschera della classe dominante è parzialmente sbagliata. Non nell'italia di oggi, però, dove la classe dominante (politici alleati con imprenditori) fanno esattamente quello che vogliono.

    Anche qui trovami le prove... e giustificami le due domande che ho posto:
    1) se le politiche pubbliche altro non sono che un riflesso degli interessi del capitale, allora perchè molte politiche trovano l'opposizione dei grandi gruppi imprenditoriali.
    2) cosa si intende per classe nell'interpretazione del pensiero marxista e come è possibile ridurre tutta la società complessa di oggi in un conflitto dicotomico tra due.
    Per quanto riguarda il concetto centrale della struttura che determina la sovrastruttura, si tratta di un'idea ampiamente superata, perchè, come ho già detto, ormai tutti gli studiosi di public policy ti dicono che la sovrastruttura( intesa come ideologia, convinzioni, preferenze, tradizione e così via) ha una importanza rilevante nelle decisioni dei policy makers. Per non parlare poi del contesto istituzionale, sociale e internazionale che necessariamente limita la possibiltà di scelta degli attori di policy.

    CITAZIONE
    Naturalmente oggi non si deve parlare di classe operaia e capitalisti. Si deve casomai parlare di chi detiene la capacità di dare lavoro e di chi non può fare altro che lavorare; e di chi ha capitali e di chi non ne ha. Bada bene che non parlo degli immigrati, che per quanto mi riguarda sono solo elementi estranei dal contratto sociale che fanno il gioco degli imprenditori introducendo manodopera a basso costo per abbassare i diritti dei lavoratori italiani.
    Non credo si possa negare che oggi ci sono due parti in causa, e che la parte che sta vincendo sono gli imprenditori.

    E' un'idea della società attuale troppo semplicistica. Non ci sono solo i belli e i brutti, i ricchi o i poveri, gli stupidi e gli intelligenti. Esiste anche chi sta nel mezzo... il cosidetto ceto medio che ancora sopravvive. Gli stessi imprenditori non possono essere messi tutti insieme: abbiamo le grandi multinazionali, le grandi imprese nazionali e poi le piccole e medie imprese di cui è pieno il nostro Paese. E molto spesso i proprietari sono gente per bene, grandi lavoratori e datori di lavoro eccellenti. Secondo me l'errore più grande che fai, e che fanno in molti, è semplificare troppo la società attuale che è MOLTO più complessa di quanto sembri.

    CITAZIONE
    Il concetto fondamentale è: lo stato può privarti in maniera coercitiva della possiblità di guadagnare sempre di più se questo significa che tu guadagnerai cifre enormi mentre altri non guadagnano che appena per la propria soglia di sussistenza.

    Per il resto: in nord europa il welfare resiste, altrove no (forse sono in giappone, che comunque è un paese malato per tanti altri motivi).
    Non siamo tornati a dickens, ma ci stiamo avvicinando. è in corso una battaglia, dagli anni 80, per distruggere tutto quello che si è fatto dal new deal in poi, ed è una battaglia che stanno vincendo loro.

    L'efficienza è legata all'equità? bisogna vedere cosa intendi per efficienza. Per gli imprenditori la massima efficienza è quella che vede loro sfruttare manodopera a basso costo per i tempi ed i modi che ritengono opportuni, per poi gettarla via, massimizzando i propri profitti. Il cile di pinochet, sotto questo aspetto, in quanto ipercapitalista era efficentissimo. L'equità? non ne vedo molta, sinceramente.
    Il problema è che quando si tenta di toccare i privilegi si parlerà sempre di attacco all'efficienza e si tirerà in ballo l'urss, che non centra niente.


    Non si può far retribuire il lavavetri quanto chi ha studiato per vent'anni. è questo un discorso delicato, col quale comunque diciamo che concordo.
    Il punto è: è possibile, umanamente accettabile, che un manager guadagni tremila volte di più di un operaio, anche specializzato?
    Non sarebbe giusto impedire a chi guadagna un milione di euro l'anno di accumulare più soldi di quanti mai ne potrà usare in vita sua (senza peraltro restituire un cazzo alla società: marchionne che ci da? ricatti e sfruttamento).

    Alla tua domanda rispondo: No.
    Lo Stato non può mettere un limite alla tua possibilità di ricchezza, perchè significherebbe porre un limite alla possibilità di ciascuno di puntare al di là del possibile. Ripeto Bill Gates per quello che ha creato ha il diritto di guadagnare; così come il miglior menager che fa fruttare al massimo un'impresa ha il diritto di poter guadagnare senza che lo Stato gli imponi un limite dall'alto. E così come l'operaio ha il diritto di non dover ricevere meno di un certo salario perchè è un essere umano e non una bestia. Lo Stato deve aiutare i più deboli con strumenti anche coercitivi, ma comunque sempre nell'ambito di uno Stato di diritto, che rispetti le libertà di tutti( ricchi e poveri).
    Per quanto riguarda il concetto dell'efficienza, ripeto è necessario analizzare e soppesare il rapporto costi/ benefici e fare in modo che le politiche sia a vantaggio dei più deboli. Significa attuare politiche che siano rivolte ai più deboli, e che quindi vadano a beneficiare la maggioranza dei cittadini... i cui costi però siano rigettati verso la minoranza che guadagna di più( attraverso misure di tassazione, di riduzione dei costi della politica e così via). Ecco lo Stato assistenziale, ossia uno Stato in cui chi ha di più partecipa al miglioramento delle condizioni di chi ha di meno e quindi i più poveri non vengono lasciati soli ma diventi il vero obiettivo della politica sociale. Questo però senza che lo Stato violi i diritti di chi guadagna di più e guadagna rispettando la legge. Marchionne non è il caso, perchè lui è un evasore. Il vero imprenditore è quello che fà il suo dovere per lo Stato( e se non lo fa paga) ma gode anche del suo guadagno. Se io evado il fisco per guadagnare di più, significa che vado contro l'idea stessa dello Stato sociale...
    CITAZIONE
    Insomma per te lo stato deve fare quello che ha fatto finora: quando il vento è buono e c'è crescita dirottare parte di questa verso i lavoratori, quando c'è crisi non imporre all'imprenditoria di non riprendersi anche le briciole che lasciava.
    Il fatto è che tu accetti tranquillamente la logica del: aiutiamoli nella maniera più indiretta possibile quando sono in difficoltà. Io invece preferisco quella di impedire che ci sia gente in difficoltà (come è nel nord europa).
    Il volontariato è una elemosina, il problema è che se tu lasci la capacità di dirigere lo sviluppo del mercato del lavoro ad una sola delle parti (per me dovrebbe essere una sola delle parti: quella dei lavoratori) è chiaro che questa si farà solo i propri comodi, ed anche se tu, poi, quando i lavoratori fanno la fame, mandi le crocerossine a distribuire panini, il problema di fondo non cambia, e tu avrai sempre più lavoratori che fanno la fame e sempre meno panini da distribuire, perchè gli imprenditori sono degli psicotici suicidi: la loro smania di accumulazione sta portando il mondo e loro stessi nel baratro (vedi bolle speculative).

    Non è così: lo Stato deve sempre intervenire per aiutare la maggioranza della popolazione che nei tempi di crisi è in difficoltà... ad esempio in questo periodo bisognerebbe tagliare i costi della politica, abolire gli sprechi( come le provincie) e fare in modo che chi ha di più dia ancora di più. L'esatto opposto di quello che dici tu... però un conto è, ad esempio, aumentare le tasse per i ricchi, un conto è fissare un limite al guadagno... sono due interventi diversi( che hanno lo stesso fine, ossia quello di migliorare le condizioni dei più bisognosi in tempi di crisi) ma il tuo intervento è un'imposizione assolutamente contrario ad ogni principio liberale, il mio invece è un intervento possibile e attuabile.
     
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  3. Jacopo Vibio Frentano
     
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    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 15:20) 
    CITAZIONE
    sulle ragioni del crollo dell'urss ci sarebbe molto da discutere (ad esempio io non credo che senza la guerra fredda sarebbe crollata; ma questo è ozioso: una guerra fredda era fisiologica).
    Per il resto, il lieve miglioramento delle condizioni di vita è una bugia. Il miglioramento ci fu e fu sostanzioso. Nell'urss brezneviana i cittadini vivevano meglio che in vaste parti degli usa o in certe parti depresse dell'europa. Sopratutto, corrispondeva ad una generalmente bassa quantità di ricchezza individuale una uguaglianza di questa, in maniera tale che gli estremi ne venissero temperati. Non esisteva la possibilità di perdere il lavoro, o di venire sfruttati per un anno e poi cacciati perchè non c'era il contratto a tempo indeterminato.
    Indubbiamente l'economia era inefficiente. è per questo che dico che non possiamo additarla come esempio.
    Ma di sicuro gli elementi positivi c'erano: primo fra tutti la sparizione della ridicola situazione da alcuni data per umanamente inevitabile del ricchissimo e del poverissimo

    ma queste sono solo congetture e supposizioni... affinchè io possa credere che le periodo di Breznev si vivesse bene, mi devi trovare i dati reali. Quello che ti posso dire è che se il dato politico, legato alle libertà e alla volontà di democrazia, rappresenta sicuramente la causa fondamentale del crollo dell'Unione Sovietica e dell'intero blocco di Varsavia, dall'altro il motivo economico non è da meno. Ad esempio nella Repubblica Democratica Tedesca il Pil pro-capite era decisamente inferiore a quello della parte occidentale della Germania. Le continue migrazioni da est ad ovest, parzialmente bloccate con la costruzione del muro, sono il più chiaro segnale di un malcontento generale della popolazione( la cui causa, ripeto, non è solamente di natura politica).

    Sono cose ammesse dagli storici, è un fatto che nell'urss di breznev non ci fosse disoccupazione e nessuno moriva di fame. Gli stessi russi oggi ammettono che si viveva meglio negli anni 80 che adesso.
    Poi certo in confronto ai paesi occidentali degli anni del welfare e del dopo miracolo economico è ovvio che stavano peggio (oltre ad essere una dittatura).
    Il paragone che io faccio è con l'ansia e l'umiliazione del lavoratore di oggi, non di quello della germania federale degli anni 80.

    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 15:20) 
    Anche qui trovami le prove... e giustificami le due domande che ho posto:
    1) se le politiche pubbliche altro non sono che un riflesso degli interessi del capitale, allora perchè molte politiche trovano l'opposizione dei grandi gruppi imprenditoriali.
    2) cosa si intende per classe nell'interpretazione del pensiero marxista e come è possibile ridurre tutta la società complessa di oggi in un conflitto dicotomico tra due.
    Per quanto riguarda il concetto centrale della struttura che determina la sovrastruttura, si tratta di un'idea ampiamente superata, perchè, come ho già detto, ormai tutti gli studiosi di public policy ti dicono che la sovrastruttura( intesa come ideologia, convinzioni, preferenze, tradizione e così via) ha una importanza rilevante nelle decisioni dei policy makers. Per non parlare poi del contesto istituzionale, sociale e internazionale che necessariamente limita la possibiltà di scelta degli attori di policy.

    Infatti ho detto che non è vero che lo stato sia sempre strumento della classe dominante, ho detto che lo è in italia. Il fatto che a volte ci siano delle divergenze fra le due parti di questa casta (politici ed imprenditori) non cancella il fatto che queste due parti sono ampiamente daccordo sul progetto a lungo termine: mantenersi al potere, evitare riforme strutturali e distruggere lo stato sociale. O ti sei scordato del fatto che la confindustria che ora si lamenta (a parole) di berlusca l'ha appoggiato per decenni?

    Per il resto, questi anglicismi non mi piacciono. Io sto parlando del rapporto fra idee e realtà, non del singolo caso della preferenza dell'individuo che fa una legge che lo porta a fare qualcosa di leggermente più a destra che più a sinistra.
    Il discorso è: la teoria platonica delle idee a se stanti è sbagliata, è invece l'uomo a crearle in relazione con ciò che percepisce nel mondo reale. è un problema filosofico, non politico.

    In generale ,d'altro canto, è evidente che nessun membro di confindustria farà una pressione politica contro gli interessi di confindustria, se dispone di tutte le informazioni necessarie. Purtroppo molti operai hanno invece fatto gli interessi di confindustria proprio perchè le informazioni erano manipolate e le idee crollate.



    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 15:20) 
    E' un'idea della società attuale troppo semplicistica. Non ci sono solo i belli e i brutti, i ricchi o i poveri, gli stupidi e gli intelligenti. Esiste anche chi sta nel mezzo... il cosidetto ceto medio che ancora sopravvive. Gli stessi imprenditori non possono essere messi tutti insieme: abbiamo le grandi multinazionali, le grandi imprese nazionali e poi le piccole e medie imprese di cui è pieno il nostro Paese. E molto spesso i proprietari sono gente per bene, grandi lavoratori e datori di lavoro eccellenti. Secondo me l'errore più grande che fai, e che fanno in molti, è semplificare troppo la società attuale che è MOLTO più complessa di quanto sembri.

    La teoria secondo la quale il mondo è troppo complicato per trarne affermazioni generali è uno strumento di chi difende lo status quo.
    Io credo che oggi esistano solamente due ceti: il ceto medio ed il ceto alto. Ma la lotta non è fra questi, bensì fra i datori di lavoro e i lavoratori veri e propri. Poi ci sono anche i vari liberi professionisti, che sono con i propri interessi largamente amici dei datori di lavoro, dato che hanno gli stessi interessi (deregolamentazione del mercato, evasione fiscale).
    Ci sono imprenditori che sono brave persone? certo. Anche nel partito nazista c'erano brave persone. Ciò non toglie che come gruppo sociale siano estremamente privi di scrupoli, sia le multinazionali sia le fabbrichette che sfruttano i lavoratori pagandoli una miseria. Indubbiamente sono gran lavoratori, a differenza di altri in italia, e con questo? Ci sono sempre delle eccezioni, ma confermano la regola.

    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 15:20) 
    Alla tua domanda rispondo: No.
    Lo Stato non può mettere un limite alla tua possibilità di ricchezza, perchè significherebbe porre un limite alla possibilità di ciascuno di puntare al di là del possibile. Ripeto Bill Gates per quello che ha creato ha il diritto di guadagnare; così come il miglior menager che fa fruttare al massimo un'impresa ha il diritto di poter guadagnare senza che lo Stato gli imponi un limite dall'alto. E così come l'operaio ha il diritto di non dover ricevere meno di un certo salario perchè è un essere umano e non una bestia. Lo Stato deve aiutare i più deboli con strumenti anche coercitivi, ma comunque sempre nell'ambito di uno Stato di diritto, che rispetti le libertà di tutti( ricchi e poveri).

    In linea di principio va anche bene, soltanto che la realtà non è una utopia, è un gioco a somma zero. Se uno punta ad avere tutto farà in modo da lasciare agli altri niente.
    Ancora una volta, sembra che tu rigetti il mio concetto fondamentale: se il ricco accumula troppo, viola la libertà altrui, perchè rende le risorse mal distribuite per forza di cose. Non credi anche tu?
    Vivendo in una società civile, bisognerebbe che chiunque capisca che ci sono dei limiti alla propria libertà per non danneggiare quella altrui.
    E se non lo capisce, glielo si fa capire.

    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 15:20) 
    Per quanto riguarda il concetto dell'efficienza, ripeto è necessario analizzare e soppesare il rapporto costi/ benefici e fare in modo che le politiche sia a vantaggio dei più deboli. Significa attuare politiche che siano rivolte ai più deboli, e che quindi vadano a beneficiare la maggioranza dei cittadini... i cui costi però siano rigettati verso la minoranza che guadagna di più( attraverso misure di tassazione, di riduzione dei costi della politica e così via). Ecco lo Stato assistenziale, ossia uno Stato in cui chi ha di più partecipa al miglioramento delle condizioni di chi ha di meno e quindi i più poveri non vengono lasciati soli ma diventi il vero obiettivo della politica sociale.

    Va bene siamo daccordo, tranne sul fatto che la riduzione dei costi della politica vale ben meno di una vera ridistribuzione della ricchezza per via fiscale (ed io intendo una redistribuzione veramente radicale), e sopratutto sul fatto che bisogna anche cambiare le regole del mercato del lavoro, contratti, diritti sul posto di lavoro, salari etc.etc.
    Insomma abolire l'abiezione importata da benemeriti quali biagi e d'antona dall'america.

    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 15:20) 
    Questo però senza che lo Stato violi i diritti di chi guadagna di più e guadagna rispettando la legge. Marchionne non è il caso, perchè lui è un evasore. Il vero imprenditore è quello che fà il suo dovere per lo Stato( e se non lo fa paga) ma gode anche del suo guadagno. Se io evado il fisco per guadagnare di più, significa che vado contro l'idea stessa dello Stato sociale...

    questo discorso sulla legge mi pare fine a se stesso. Cosa importa agli imprenditori della legge quando sono stati loro a plasmarla a propria immagine e somiglianza? le loro porcherie le fanno legalmente e alla luce del sole, cose che un tempo non sarebbero state legali ora lo sono.
    La legge nell'italia di oggi è, ed in questo marx ha ragione, l'espressione del potere.

    CITAZIONE (~Jegan @ 18/7/2011, 15:20) 
    Non è così: lo Stato deve sempre intervenire per aiutare la maggioranza della popolazione che nei tempi di crisi è in difficoltà... ad esempio in questo periodo bisognerebbe tagliare i costi della politica, abolire gli sprechi( come le provincie) e fare in modo che chi ha di più dia ancora di più. L'esatto opposto di quello che dici tu... però un conto è, ad esempio, aumentare le tasse per i ricchi, un conto è fissare un limite al guadagno... sono due interventi diversi( che hanno lo stesso fine, ossia quello di migliorare le condizioni dei più bisognosi in tempi di crisi) ma il tuo intervento è un'imposizione assolutamente contrario ad ogni principio liberale, il mio invece è un intervento possibile e attuabile.

    I principi liberali lasciali stare, che se locke vedesse quello che oggi si fa in suo nome si rivolterebbe nella tomba. Per il resto, il succo del mio discorso è che non si può andare a rimettere insieme i cocci dopo che il danno è stato fatto, ma bisogna cambiare la struttura della società. Per farlo bisogna imporre regole agli imprenditori anche limitando il loro guadagno.
    Tanto che sia tramite il costringerli a rispettare i lavoratori ed i loro diritti oppure tramite tetti di retribuzione sempre verrà limitato, il loro profitto. Non vedo la differenza.
    Detto questo, l'esempio che mi viene sempre in mente è quello del manager che non produce niente e che si vede ingollato di milioni di euro l'anno.
    Non trovo alcuna giustizia in questo concetto.
     
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17 replies since 11/7/2011, 22:28   186 views
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